Foto: 1) Beato Angelico, Pala di San Marco, 1438-1443. Tempera su tavola; 2) Biblioteca di Michelozzo; 3) Beato Angelico, Annunciazione, 1440-50, affresco; 4) Beato Angelico, Giudizio Universale, 1425, tempera su tavola.
Il 15 ottobre del 1869 viene istituito a Firenze il Museo di San Marco, giusto 150 anni fa. Siamo negli anni, fra il 1865 e il 1870, nei quali Firenze diventa per un breve tempo capitale d’Italia, in attesa di risolvere in qualche modo la “Questione Romana”. Il nuovo Regno d’Italia promulga il 7 luglio del 1866 la legge sulle soppressioni ecclesiastiche in base alla quale molti dei beni di chiese e conventi passano allo stato italiano per essere utilizzati a fini pubblici, come scuole, caserme, sede di uffici, o venduti. Ma gli immobili e i beni ritenuti “monumentali” non vengono generalmente immessi sul mercato, c’è infatti un’apposita commissione che valuta il loro pregio storico-artistico. E’ il caso del complesso fiorentino di San Marco, acquisito dallo Stato il 12 ottobre del 1866. Un edificio monumentale il Convento di San Marco, considerato all’epoca “tempio delle virtù cittadine” anche per i valori risorgimentali che venivano attribuiti a Girolamo Savonarola, priore del convento di San Marco alla fine del Quattrocento, esempio di difesa strenua degli ideali di libertà a costo della vita.
E’ considerando questa storia che, al termine dei lavori di restauro, l’allora ministro della Pubblica Istruzione dichiara, in base alla legge del 1866, il Convento di San Marco “Monumento” per le molte opere d’arte e in specie per il Beato Angelico, quindi meritevole di un trattamento speciale. Viene destinato così a Museo con il nome di Museo Fiorentino di San Marco, messo alle dipendenze del direttore delle Regie Gallerie di Firenze e aperto al pubblico il 15 ottobre dello stesso anno.
Cuore della storia fiorentina, luogo delle memorie domenicane legate agli uomini illustri dell’ordine, da Sant’Antonino al Beato Angelico, a Fra Girolamo Savonarola, a Fra Paolino, a Marco e Francesco della Robbia, San Marco mantiene, nonostante vicissitudini, cambiamenti e stratificazioni, un’aura di grande fascino legato com’è alla storia della città e dei Medici.
Il Museo ha sede nella parte più antica del convento che occupa circa la metà di tutto un isolato. Il nucleo più vecchio, sorto sull’area del convento medievale dei monaci Silvestrini, è quello progettato da Michelozzo, l’architetto prediletto dei Medici, che lavora su incarico di Cosimo il Vecchio che si assume tutte le spese. Il convento serve per ospitare i Domenicani riformati di Fiesole. Michelozzo in circa dieci anni, dal 1436 al 1446, porta a termine l’edificio, utilizzando le strutture preesistenti, rinnova la chiesa aggiungendo l’abside poligonale, realizzando un complesso di proporzioni monumentali, con chiostri, refettori, sala capitolare, dormitori. E molto moderno, organizzato con razionalità, in spazi ben articolati, capaci di rispondere alle esigenze di una grande comunità conventuale in espansione. Un convento all’avanguardia per il tempo.
Quando si parla di San Marco viene subito in mente il Beato Angelico. A Fra’ Giovanni da Fiesole, conosciuto come Beato Angelico, già noto e molto apprezzato, viene affidato il compito di affrescare tutto il convento, dal Chiostro detto di Sant’Antonino agli affreschi con le “Storie della vita di Sant’Antonino”, il primo priore del convento. E il capolavoro, il celebre ciclo di affreschi dei dormitori dei frati costituiti da tre corridoi del primo piano. All’Angelico si devono gli affreschi all’interno delle 43 celle realizzati tra il 1438 e il 1443, anno in cui papa Eugenio IV consacra la nuova chiesa e il nuovo convento. In ogni cella si trova un affresco che richiama la Vita e la Passione di Gesù destinato alla contemplazione del frate ospite. Immagine simbolo di tutto il ciclo l’”Annunciazione” uno dei tre affreschi che l’Angelico dipinge fuori delle celle. In fondo al corridoio dei novizi, la cappella e le celle storiche del Savonarola non affrescate perché in origine usate come “vesteria”.
Nel terzo corridoio, destinato ai conversi laici e agli ospiti, si trovano le due celle in cui si ritirava Cosimo de’ Medici e dove papa Eugenio IV dorme la notte dell’Epifania del 1443. Il ciclo degli affreschi di San Marco è uno dei più vasti del Rinascimento, unico al mondo, opera completa dell’Angelico, a cui si devono i disegni di tutti gli affreschi anche se viene realizzato insieme a dei collaboratori, primo fra tutti il giovane Benozzo Gozzoli. E’ questo che fa del Museo di San Marco il Museo dell’Angelico.
Un museo che in questi giorni di festeggiamenti si arricchisce di un’opera d’arte proveniente da Madrid “L’Annunciazione” di Robert Campin, uno dei principali rappresentanti della pittura fiamminga, che ambienta la scena in una chiesa gotica, con meticolosa e sapiente descrizione degli interni e dei particolari. L’opera è stata inviata dal Museo del Prado che quest’anno ha festeggiato i 200 anni dalla fondazione con la prestigiosa mostra “Fra Angelico and the of the Florentine Renaissance” che si è inaugurata il 28 maggio scorso. Firenze ha prestato opere di Masaccio e Angelico.
“L’Annunciazione” di Campin è stata esposta accanto al “Tabernacolo con l’Annunciazione e Adorazione dei Magi” del Beato Angelico proveniente dalla Basilica di Santa Maria Novella. Il Tabernacolo è diviso in due scene, nella parte superiore l’Annunciazione su fondo oro, nella parte inferiore la scena dell’Adorazione dei Magi inserita in un prato erboso. Due opere molto diverse, quelle dell’Angelico e di Campin, quanto a modo di dipingere, ma quasi contemporanee. Il “Tabernacolo” dell’Angelico è stato realizzato nel 1425 e l’opera di Campin nel 1430.
Festa grande anche per il ritorno nel suo Museo della “Pala di San Marco”, eseguita fra il 1438 e 1443 dall’Angelico per il nuovo altare dedicato al santo titolare e ai santi Cosma e Damiano. Nel 1438, quando Cosimo e Lorenzo de’ Medici ottengono il patronato della cappella maggiore della chiesa e decidono di affidare a Michelozzo il suo rinnovamento, commissionano all’Angelico una nuova, grandiosa tavola d’altare. Che solo Cosimo vede ultimata perché il fratello Lorenzo muore prima. La pala viene completata prima dell’Epifania del 1443 anno della consacrazione dell’altar maggiore da parte del Papa Eugenio IV. Si tratta di una complessa macchina lignea alta circa tre metri e mezzo, composta da almeno 26 dipinti di cui rimangono 18 collocati in nove diversi musei. La composizione della tavola centrale rappresenta la Madonna col Bambino in trono fra otto angeli e otto santi. Sulla predella si snoda il vivace racconto della vita dei santi Cosma e Damiano. Il museo conserva solo due scomparti degli otto che componevano la predella.
La Pala di San Marco, dopo sofisticate indagini diagnostiche col concorso di ENEA, CNR, INFN e un accurato restauro curato dall’Opificio delle Pietre Dure, torna nella Sala dell’Ospizio, avendo “ritrovato i suoi valori spaziali e lo splendore delle superfici pittoriche e delle mirabolanti dorature ai massimi livelli possibili, considerati i gravi danni subiti nel passato”, dichiara il direttore del Polo Museale della Toscana Stefano Casciu. “Si ricostituisce al completo nel Museo di San Marco – prosegue - quell’insieme unico al mondo di opere su tavola del Beato Angelico che, insieme coi suoi affreschi realizzati per il convento domenicano, ed in particolare quelli celeberrimi delle celle, rende questo museo tra i affascinanti e amati di Firenze”.
Nell’occasione viene annunciata un’altra buona notizia. I Friends of Florence finanzieranno il restauro di un’altra opera del museo e i lavori per il nuovo completo allestimento della Sala dell’Ospizio. Infine in alcune delle celle più celebri e significative del Museo un’inedita installazione di arte contemporanea dell’artista Wolfang Laib.
Museo di San Marco – Piazza San Marco, 3 Firenze. Orario: da lunedì a venerdì 8.15 – 13.50, sabato e domenica 8.15 – 16.50. Informazioni tel. 055-2388608