Dopo cinque anni torna interamente visibile il Battistero di Firenze, il restauro delle otto facciate interne è giunto al termine portando a inedite scoperte. Diretto e finanziato dall’Opera di Santa Maria del Fiore con 2 milioni e 600 mila di euro e con un contributo della Fondazione non profit Friends of Florence per l’intervento sulla scarsella, il restauro delle pareti interne del Battistero di Firenze è stato condotto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, con la collaborazione per le indagini diagnostiche di Università italiane e laboratori specialistici.
Il restauro delle pareti interne del Battistero di marmo bianco, verde di Prato e mosaici, iniziato alla fine del 2017 e interrotto più volte a causa della pandemia da Covid-19, si è rivelato molto complesso e ha interessato sia la struttura che l’architettura e la decorazione musiva del monumento.
L’ultima parte ad essere restaurata è stata l’abside (definita per la tipologia anche “scarsella”), rivestita sulla volta e sull’arco trionfale da meravigliosi mosaici che furono eseguiti probabilmente nella seconda metà del XIII secolo. Quelli della scarsella si differenziano dai parietali sia per la complessità narrativa che per la tecnica di esecuzione. In questi furono, infatti, impiegate tessere di misura estremamente minuta, una straordinaria varietà cromatica di paste vitree e altri materiali preziosi tra cui il corallo a rametti o in sezioni che vanno a formare delle microscopiche tessere a forma circolare o a goccia.
Se i mosaici sulle altre sette facciate interne del Battistero rappresentano profeti, santi vescovi e cherubini, quelli della scarsella mettono in scena un ricco programma iconografico. Nella volta sono rappresentate le immagini speculari della Madonna e del Battista seduti in trono, affiancate da quattro telamoni che sorreggono la grande ruota centrale. Questa è spartita in otto raggi, occupati da solenni figure di patriarchi biblici e profeti che hanno preannunciato la venuta di Cristo, simboleggiato nell’agnello al centro della ruota con un’epigrafe, che tradotta dal latino recita “Qui è Dio onnipotente indicato dal mite agnello”. Altre figure di profeti compaiono nell’intradosso dell’arco trionfale, mentre sulla ghiera esterna vi sono rappresentati busti di Apostoli, Evangelisti e Santi che affiancano il Battista posto al centro.
Numerose sono state le scoperte emerse durante il restauro delle otto facciate, che è stato preceduto da una campagna di studi e d’indagini diagnostiche mai eseguite prima d’ora in maniera così approfondita sull’intero monumento e sulla sua storia: dalla tecnica musiva assolutamente originale impiegata nei mosaici parietali, alle tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, che potrebbe indicare come in origine fossero anch’essi tutti dorati. Un Battistero, dunque, completamente rivestito d’oro: nei capitelli dei matronei, nei mosaici parietali e nell’immensa cupola mosaicata. Illuminato solo dalle luci delle candele.
“Nonostante i rallentamenti causati dalla pandemia - dichiara Vincenzo Vaccaro, consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore con delega ai restauri architettonici - l’Opera è stata capace di rispettare quello che è il primo motivo della sua esistenza che consiste nel provvedere alla manutenzione e alla valorizzazione dei monumenti e dei beni in suo possesso”.
In autunno inizierà il restauro dei 1.200 metri quadrati di mosaici della cupola del “bel San Giovanni” (come lo chiamò Dante), che dovrebbero durare circa tre anni: “Il nuovo cantiere — dice Samuele Caciagli architetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore — sarà una struttura costituita da una colonna centrale, con appoggio a terra, e da strutture orizzontali collocate a circa 15 metri da terra”. Sarà un restauro aperto: i ponteggi permetteranno di portare i visitatori a vedere da vicino uno spettacolo unico.
In occasione del restauro delle facciate interne del Battistero è stato effettuato anche un intervento di pulitura sul monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, liberato dalle polveri superficiali che ne coprivano la doratura. Altre attività di restauro hanno riguardato l’antico pavimento in tarsie marmoree che rappresenta anche lo zodiaco e dove si legge: “Qua vengono tutti coloro che vogliono vedere cose mirabili”.