Nonostante il Parco Archeologico di Pompei sia chiuso al pubblico da quasi 20 giorni in base alle direttive anti Covid-19 contenute nell'ultimo DPCM, le attività di indagine e di scavo non si sono interrotte e proprio in questi giorni è stata fatta una scoperta eccezionale. I resti di due uomini, con molta probabilità un ricco pompeiano e il suo schiavo, morti nel 79 d.C. durante la grande eruzione del Vesuvio, sono stati portati alla luce a Civita Giuliana, una località situata a 700 metri da Pompei in direzione nord ovest, nell'area della grande villa suburbana del Sauro Bardato, più precisamente all'interno del criptoportico situato sotto una delle terrazze panoramiche della lussuosa abitazione rinvenuta nel 2017. Grazie alla tecnica dei calchi in gesso ideata nell'Ottocento da Giuseppe Fiorelli e affinata nel corso dei decenni, è stato possibile ricostruire l'immagine dei due uomini con dettagli sorprendenti, dai panneggi degli antichi abiti romani alle vene delle mani. “Questa scoperta straordinaria dimostra che Pompei è importante nel mondo non soltanto per il grandissimo numero di turisti, ma perché è un luogo incredibile di ricerca, di studio, di formazione. Sono ancora più di venti gli ettari da scavare, un grande lavoro per gli archeologici di oggi e del futuro”, ha dichiarato il ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo Dario Franceschini.
Durante la prima fase eruttiva, quando l'antica città romana venne ricoperta dai lapilli, le prime vittime furono quelle intrappolate negli ambienti, investite dai crolli provocati dal materiale vulcanico depositatosi fino a un'altezza di tre metri. Di queste persone sono rimasti soltanto gli scheletri. Poco dopo, quando la città venne colpita dal flusso piroclastico che riempì gli spazi non ancora invasi dai materiali vulcanici, le persone morirono all'istante per shock termico. I corpi rimasero nella posizione in cui erano stati investiti dal flusso, e il materiale cinerìtico solidificatosi ne ha conservato l'impronta dopo la decomposizione, proprio come è successo ai due uomini appena ritrovati.
La prima vittima è, quasi certamente, un ragazzo tra i 18 e i 23 anni, alto 1,56 metri. Ha il capo reclinato, con i denti e le ossa del cranio ancora parzialmente visibili; indossa una tunica corta, di lunghezza non superiore al ginocchio, di cui è ben visibile l'impronta del panneggio sulla parte bassa del ventre, con ricche e spesse pieghe. Le tracce di tessuto suggeriscono che si tratti di una stoffa pesante, probabilmente fibre di lana. Il braccio sinistro è leggermente piegato con la mano, ben delineata, appoggiata sull'addome, mentre il destro poggia sul petto. Le gambe sono nude. Vicino al volto vi sono frammenti di intonaco bianco, trascinato dalla nube di cenere. La presenza di una serie di schiacciamenti vertebrali, inusuali per la giovane età del ragazzo, fa pensare che potesse svolgere lavori pesanti: ecco perché si pensa che fosse uno schiavo. Durante la realizzazione di questo primo calco è avvenuta la scoperta delle ossa di un piede, che ha rivelato la presenza di una seconda vittima. È in una posizione completamente diversa rispetto alla prima, ma attestata in altri calchi a Pompei. Il volto è riverso a terra, a un livello più basso del corpo, e il gesso ha delineato con precisione il mento, le labbra e il naso, mentre si conservano parzialmente a vista le ossa del cranio. Le braccia sono ripiegate con le mani sul petto, mentre le gambe sono divaricate e con le ginocchia piegate. L'abbigliamento è più articolato rispetto all'altro uomo. Sotto il collo della vittima, vicino allo sterno dove la stoffa crea evidenti e pesanti pieghe, si conservano infatti impronte di tessuto ben visibili riconducibili a un mantello in lana che era fermato sulla spalla sinistra. In corrispondenza della parte superiore del braccio sinistro vi è anche l'impronta di un tessuto diverso, quello di una tunica, che sembrerebbe essere lunga fino alla zona pelvica. Anche vicino al volto di questa vittima vi sono frammenti di intonaco bianco, in questo caso probabilmente crollati dal piano superiore. La robustezza del corpo, soprattutto a livello del torace, suggerisce che anche in questo caso sia un uomo, più anziano però rispetto al primo, con un'età compresa tra i 30 e i 40 anni e alto circa 1,62 metri. Secondo i primi studi, la morte dei due antichi pompeiani è avvenuta durante il secondo giorno di eruzione, la mattina del 25 ottobre di quel fatidico 79 d.C.
“Una scoperta davvero eccezionale - sottolinea entusiasta il direttore del Parco Archeologico di Pompei Massimo Osanna, da settembre 2020 alla guida anche della direzione generale dei musei pubblici - perché per la prima volta dopo più di 150 anni è stato possibile realizzare calchi perfettamente riusciti e precisi delle vittime e delle cose che avevano con sé nell'attimo in cui sono stati investiti e uccisi dai vapori bollenti dell'eruzione”. Saranno gli scavi dei prossimi mesi a stabilire dove questi due uomini fossero diretti e forse anche a chiarire di più quale fosse il loro ruolo nella grande e sfarzosa residenza dove sono stati ritrovati, la villa suburbana del Sauro Bardato, una maestosa tenuta di epoca augustea nelle cui stalle gli archeologi del Parco trovarono i resti di tre cavalli di razza, uno dei quali per l'appunto bardato (da qui il nome della villa), con una raffinata sella in legno e bronzo e scintillanti finimenti.
I primi scavi nella tenuta risalgono al 1907-1908 ad opera del marchese Giovanni Imperiali, allora proprietario del terreno. Dopo aver scavato, il marchese fece però interrare di nuovo quegli ambienti senza lasciare una adeguata documentazione. Gli scavi attuali, interamente finanziati dal Parco di Pompei con 2 milioni di euro, sono figli di un'operazione congiunta con la Procura di Torre Annunziata, coordinata dal dott. Pierpaolo Filippelli, e i carabinieri per bloccare i tombaroli, che qui hanno lasciato ampie tracce della loro certosina attività. Da gennaio di quest'anno si sta scavando intorno al lunghissimo criptoportico edificato sotto ad una delle grandi terrazze di cui è dotata la residenza. “Abbiamo avuto anche fortuna - racconta Osanna - perché il vano nel quale abbiamo ritrovato i corpi dei due uomini era sfuggito sia agli scavi dei primi del Novecento, sia ai tombaroli”. “Adesso è fondamentale proseguire gli scavi - conclude Osanna - Ci vorrà tempo, ma alla fine anche la tenuta del Sauro Bardato, come pure la Villa di Diomede i cui lavori si concluderanno in primavera, potrà aprire al pubblico con tutte le sue affascinanti storie”.