Il ritratto del Nano Morgante - soprannome di Braccio di Bartolo, il più celebre dei cinque buffoni che vissero alla corte di Cosimo I de' Medici - realizzato dal pittore Agnolo di Cosimo, meglio conosciuto come il Bronzino, è stato nuovamente sistemato a Palazzo Pitti, nella Sala di Apollo della Galleria Palatina, all'interno di una nuova teca con vetro antiriflesso di ultima generazione e sistema di assorbimento degli urti. Questa collocazione risulta più sicura rispetto al corridoio al primo piano degli Uffizi, dove l'opera è rimasta in mostra dal 2013 al 2016 in dialogo con la galleria di ritratti dello stesso artista, poiché, essendo stata posta al centro del corridoio nella traiettoria dei flussi dei visitatori, le vibrazioni del pavimento costituivano un pericolo per la sua conservazione.
Il quadro, dipinto su entrambi i lati, raffigura il Nano Morgante come “uccellatore”, cioè cacciatore di uccelli, giacché non gli era consentita la caccia di animali di taglia più grande, in quanto attività riservata ai personaggi di rango più elevato. Il buffone alla corte di Cosimo I de' Medici è ritratto rispettivamente di fronte e da tergo in due momenti successivi dell’azione: davanti lo si vede prima della caccia, mentre tiene al laccio una civetta usata come esca per attirare una ghiandaia che vola nell’aria, dietro viene invece mostrato con il volto girato verso lo spettatore mentre impugna con la mano destra il bottino della battuta di caccia. Con questa opera il Bronzino, all’epoca coinvolto nella querelle sul “paragone” (ovvero la contesa del primato tra pittura e scultura), voleva rispondere, con i fatti, a chi dava maggiore importanza alla statuaria perché in grado di offrire più punti di vista.
Nell’Ottocento il dipinto venne sottoposto ad un pesante intervento di restauro che trasformò il nano nientemeno che nel dio Bacco, forse considerando la nudità della figura più consona a un personaggio mitologico: così una corona di foglie di vite fu aggiunta a cingergli il capo, bacino e genitali vennero nascosti da un’altra ghirlanda di pampini e grappoli e la civetta ridipinta diventò un calice di vino. Queste aggiunte furono rimosse solo nel 2010, durante una delicata operazione di ripristino che restituì all’opera l’aspetto originario.
Braccio di Bartolo, chiamato ironicamente “Morgante” come il gigante protagonista dell'omonimo poema di Luigi Pulci, era un personaggio molto popolare al tempo di Cosimo I, noto ed apprezzato per la sua lingua tagliente, citato addirittura ne “Le Vite” del Vasari e divenuto, nel tempo, soggetto di capolavori oggi celebrati. Oltre al doppio ritratto di Bronzino, sono da ricordare anche la scultura in marmo di Valerio Cioli per la fontana del Bacchino nel Giardino di Boboli, che lo ritrae a cavalcioni di una tartaruga, nonché quella in bronzo del Giambologna per la piccola fontana nel giardino pensile sopra la loggia dei Lanzi e oggi esposta al Bargello, dove lo si vede a cavallo di mostro marino. “Le cronache ci tramandano che Braccio di Bartolo aveva una personalità complessa e arguta, carismatica e a volte anche litigiosa - spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt - Fu uno dei protagonisti della vita sociale e politica della corte, molto caro a Cosimo I, di cui si festeggia quest’anno il cinquecentenario della nascita. L’installazione a Palazzo Pitti del suo ritratto dipinto da Bronzino (che di quella corte fu indiscutibilmente il massimo pittore) è dunque un’occasione insieme museografica e celebrativa. Ed è oltretutto un’operazione che salvaguarda un’opera tanto fragile dai rischi di distacco della pellicola pittorica”.