Il piccolo e affascinante Museo Carlo Bilotti, che si apre nel cuore di villa Borghese, è il luogo ideale per ospitare la bella mostra “Balla a Villa Borghese” (aperta fino al 17 febbraio), incentrata proprio sulla Villa del cardinale Borghese che nel 1902 fu acquistata dal Comune di Roma. Giacomo Balla la vedeva dalla balconata della casa in cui ha abitato dal 1904 al 1926 con la famiglia, la moglie Elisa Marcucci sposata nel 1904 in Campidoglio e le figlie Lucia che con il futurismo diventerà Luce ed Elica, sue fedeli vestali di una vita. Un panorama che l’artista dipinge con tecnica divisionista in quadri, dittici e polittici nelle diverse ore del giorno, da varie angolazioni, attento alle vibrazioni luminose del cielo. “Rendere la luce è sempre stato il mio studio preferito”, scrive nel 1954 in una lettera a Alfredo J. Barr allora direttore del MoMA di New York.
Promossa da Roma Capitale con la collaborazione della Galleria Mucciaccia di Roma, prodotta dalla The Boga Foundation, servizi museale di Zètema, curata da Elena Gigli, fra le più accreditate esperte dell’artista, nasce da un’idea di Maurizio Fagiolo dell’Arco fra i primi a studiare Balla. Presenta una trentina di opere, in gran parte pastelli su carta (il materiale più comune e meno costoso), realizzati negli anni Dieci del ‘900, anche se il primo Autoritratto a olio è del 1894 e il Ritratto di Peggy Whiting Nathan (cognata del sindaco di Roma) è un olio del 1919. Esposta anche la scultura “Linea di velocità + forma rumore” del’33, ma l’dea risale a vent’anni prima (catalogo the Boga Foundation).
La mostra documenta un periodo meno noto della vita del pittore, prima di aderire al ciclone futurista. Balla per un po’ di tempo abita al Quirinale dove lo zio era cacciatore del re e comincia inserirsi nel nuovo ambiente grazie ai ritratti in cui si ritrova la sua capacità introspettiva, l’attenzione alla luce, al movimento. Ritratti importanti come quello della dama di compagnia della Regina. Ma l’incontro più fortunato è con il sindaco di Roma Ernesto Nathan. Ho solo 500 lire, mi faccia il ritratto, lo devo lasciare al gabinetto del sindaco, gli dice. E così entra nel giro dei committenti che contano. Ed è grazie a Nathan che riesce ad avere una casa e in un luogo molto particolare. Una specie di convento – casermone a un piano rialzato con una ringhiera immortalata tante volte in foto e dipinti, in via Parioli 6 (oggi via Paisiello), angolo via Nicolò Porpora. Una casa studio che si affaccia sul Parco dei Daini, ai confini con i Parioli, al tempo un quartiere spopolato e periferico. In questa specie di Eden, dominato da grandi alberi e dal fruscio delle foglie mosse dal vento, da cui si scorge in lontananza la cupola di San Pietro, Balla vive una stagione felice. Può passeggiare lungo il Viale delle fontane, il Viale dei sarcofagi, scoprire angoli nascosti e bucolici, arrivare a La Fortezzuola oggi Museo Canonica, studiare gli effetti di luce al tramonto, le ottobrate romane che tanto ama, fare osservazioni sul movimento. Villa Borghese una magnifica ossessione, un paesaggio perfetto in cui proiettare le sue invenzioni, ciò che è stata la Montagna Sainte-Victoire per Cézanne, ricorda la Gigli riportando quanto scriveva nel ’67 Maurizio Fagiolo. “Il pittore, con intento sperimentale, la osservava a tutte le ore del giorno, studiando l’incidenza delle ombre e della luce. Proprio come più tardi studierà la compenetrazione iridescente o la velocità di un’automobile o il volo degli uccelli. Quasi un impegno manicheo: la luce e l’0mbra, il bene e il male, l’oscurantismo e l’illuminismo.”
Le opere in mostra, di cui si consiglia di ammirare anche le cornici coeve, spesso intagliate e incise, sono molo belle. In particolare i dittici e i polittici, formati che richiamano quadri a tema sacro. Di alta qualità pittorica e poetica il famosissimo “Maggio” del 1906, un olio su tela conservato nel Palazzo della Consulta al Quirinale. Il grande quadro, visibile in una foto dello studio di Via Paisiello rappresenta la moglie Elisa, che sposa in Campidoglio nel 1904, con un abito celeste e un bicchiere di rose in mano. Sullo sfondo i prati di Villa Borghese, una siepe e un eucaliptus a cui il pittore dedica anche un dittico. Di grande intensità i pastelli che rappresentano gli alberi, “Cantano i tronchi”, i sarcofagi, i prati iridescenti e le fontane della Villa. E’ della collezione della Banca d’Italia il pastello su carta “Fontana a Villa Borghese” con quello splendido studio di luci e trasparenze dell’acqua che si raccoglie nella vasca. Non è un semplice quadro, né un trittico vero e proprio ma qualcosa di diverso e di originale l’olio su tavola della “Modella fra due paesaggi”. Un volto incorniciato da capelli ramati che si staglia su uno sfondo che richiama il colore dei paesaggi ai lati, una sinfonia di colori e vibrazioni. Un posto di rilievo occupano i due autoritratti. Il primo, ritrovato nel’68, raffigura l’artista a 23 anni quando è ancora a Torino. E’ a olio ed è dipinto dietro una fotografia di lui bambino, mentre l’altro molto intenso “Autoritratto notturno” a olio e smalto giapponese su cartone è del 1909, Fra i ritratti, molto noto quello del sindaco di Roma mazziniano e massone Nathan e quelli dedicati agli affetti familiari e alla moglie bellissima, colta con taglio fotografico mentre si volge con sguardo interrogativo verso la luce. La mostra prosegue al secondo piano con una serie di piccoli pastelli che incantano anche per i soggetti rappresentati. Vedute di Roma ai limiti della campagna, la periferia a Porta Pinciana, Villa Borghese dal balcone con il Cupolone sullo sfondo. Completano la mostra una serie di foto scattate da Mario Ceppi negli stessi luoghi dipinti da Balla e il film di Jack Clementi “Balla e il Futurismo”che vinse il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia del ’72 nella sezione documentari.
A sessant’anni dalla scomparsa di Giacomo Balla (1871 – 1958), l’artista è più vivo che mai e al centro dell’attenzione del pubblico e della critica. Alle mostre sul pittore si affiancano quelle sul creatore di oggetti d’arredo, credenze, tavoli, sgabelli, tappetti. E’ il caso del grande “Progetto Balla” di Milano incentrato sulle arti applicate. Un’attività così originale che Balla può essere considerato l’inventore del “design” italiano. E subito l’attenzione si sposta sulla casa al quarto piano di Via Oslavia 39 nel quartiere delle Vittorie dove l’artista visse dal ’29 alla morte. Una casa piena di colori in cui tutto è personalizzato da Balla che decora ogni centimetro di pareti e soffitti, allestendo le stanze con nuovi mobili variopinti che lui progetta e un amico falegname costruisce. Un universo incantato che le figlie, Elica (muore nel ’93) e Luce (nel ’94), conservano gelosamente consapevoli del valore artistico del padre donando nell’84 ben 35 opere alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, seguite da altre dieci per lascito testamentario alla morte di Luce.
Casa Balla, una rara casa d’artista futurista, è passata agli eredi ed è stata vincolata nel 2004 (purtroppo nel frattempo molte opere e arredi sono andati dispersi). Ora dopo una serie d’interventi promossi dalla Banca d’Italia e dai nipoti, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma, è stata messa in sicurezza. Sarà restaurata con un finanziamento della Banca d’Italia e aperta al pubblico. Si spera presto.
Ma la scoperta più incredibile nel 2017, resa pubblica a ottobre ’18), è il “Bal Tic Tac” in via Milano, un locale futurista aperto nel 1921 dove si ascoltava musica a ritmo accelerato, il jazz e si ballava. Il primo locale a Roma in cui entra la modernità. Un locale d’avanguardia per il quale Balla aveva progettato anche mobili, lampioni, insegne, réclame. Si sapeva che il pittore lo aveva decorato e allestito completamente, c’erano vecchie foto e qualche bozzetto, ma si credeva che fosse andato perduto. E invece, durante i lavori preliminari di ristrutturazione del complesso di Villa Hüffer (è stato anche un negozio di lumi), destinato ad ospitare un Centro per l’educazione monetaria e finanziaria della Banca d’Italia (apertura prevista nel 2021), sono venuti alla luce, sotto carte da parati e strati di bianco 80 metri quadrati di pittura, rossi, blu, gialli squillanti. Una magia caleidoscopica di colori aggressivi, “una fantasmagoria di piani infernali”, lo definì la figlia Elica. Un assaggio del mondo futurista preconizzato nel manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo del 1915, firmato da Balla e Depero.
Museo Carlo Bilotti -Aranciera di Villa Borghese - Viale Fiorello La Guardia 6, Roma. Orario: da martedì a venerdì ore 10.00-16.00; sabato e domenica 10.00-19.00; fino al 17 febbraio 2019. Ingresso gratuito. Informazioni: 060608 e www.museocarlobilotti.it