È stata un’infezione da stafilococco aureo a uccidere Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. La scoperta è stata fatta dai ricercatori dell’Ihu Méditerranée Infection, centro di ricerca, cura, formazione e valorizzazione, specializzato nella lotta contro le malattie infettive e diretto dal professore Didier Raoult. Maggiori dettagli della scoperta saranno pubblicati questo autunno in un articolo scientifico del magazine “The Lancet infectious Diseases”.
«Grazie a una cooperazione con antropologi italiani e con il microbiologo Giuseppe Cornaglia, - dichiara in un comunicato l’istituto - le squadre dell'Ihu Méditerranée Infection hanno ottenuto diversi denti prelevati dallo scheletro di Caravaggio». Dai denti è poi stata estratta la polpa, ricca di vasi sanguigni; utilizzando tre differenti metodi di rilevamento del Dna, è stato possibile identificare lo Staphylococcus aureus come l’assassino del Merisi: un batterio color oro, da qui il nome, che scatena diverse infezioni in base alle aree del corpo colonizzate.
Gli ultimi anni del Caravaggio sono avvolti da un arcano mistero: dopo aver ucciso Ranuccio Tomassoni, anche se probabilmente accidentalmente, il pittore di Giuditta e Oloferne fu costretto a lasciare Roma nel 1606. In questo periodo in “esilio” arrivò a Napoli e la sua carriera lavorativa fece un passo in avanti: dipinse la Flagellazione di Cristo, Davide con la Testa di Golia, Salomè con la testa del Battista, Madonna del Rosario, Sette opere di Misericordia, Madonna con Bambino. Poi Sicilia, Malta e nel 1609 di nuovo Napoli, ospite di Costanza Sforza Colonna. Infine, ritornò nei dintorni di Roma e si imbarcò su una piccola barca di pescatori a vela a Palo Laziale, verso Porto Ercole nella Maremma toscana. Ed è proprio qui che morì il 18 luglio del 1610 nel sanatorio Santa Maria Ausiliatrice situato alle spalle della chiesa di Sant’Erasmo, non a causa della malaria, ora lo possiamo dire, ma a causa di uno stafilococco aureo.