Con l’inizio del 2022 si aprono anche nuove strade, così vogliamo consigliarvi 7 cammini da percorrere assolutamente durante l’anno per respirare a pieno l’essenza del nostro Paese. Ecco, dunque, una carrellata di sentieri indimenticabili da fare con lo zaino in spalla da soli, in compagnia o accompagnati da associazioni come la Compagnia dei Cammini, da sempre dedita all’organizzazione di viaggi a passo lento.
Cammino dei Sanniti: Safinim! – Cosa sarebbe successo a tutti noi se nel 91 a.C. la confederazione dei popoli italici guidata dai Sanniti avesse sconfitto Roma? Questo cammino in Molise va alla scoperta proprio di questa storia inedita, quella di un popolo misterioso che stava per sconfiggere i Romani, ma fu spazzato via 2000 anni fa, al punto che poco se ne sa. La storia la fanno i vincitori, e i Romani vollero che dei Sanniti nulla si ricordasse condannandoli alla damnatio memoriae. I Sanniti erano i briganti dell’ante Cristo e partirono in settemila dalla Sabina, una primavera dell’VIII secolo a.C., avevano tutti 20 anni. Per anni erano stati preparati a questo viaggio sacro, con cui dovevano andare alla ricerca di terre in cui stabilirsi. Passarono le terre degli Equi e dei Marsi, ma non c’era posto per loro. Poi videro dall’alto una terra selvaggia, con pochi abitanti sparsi, tanta acqua, boschi e tanto verde. Così nacque il popolo dei Sanniti Pentri, un popolo di pastori che si fecero guerrieri. L’itinerario del cammino segue le orme di un romanzo, “Viteliù”, che significa Italia, nel linguaggio antico dei popoli italici, perché l’Italia nacque proprio lì e nacque per difendersi dai Romani. Seguendo le tracce rimaste, tante, questo viaggio di media/alta difficoltà si struttura in 81 chilometri da fare in 8 giorni nella regione meno conosciuta d’Italia. Un viaggio riservato a chi sa suggestionarsi, perché mura ciclopiche su un monte diventino un accampamento, le basi di un tempio riprendano vita, e ogni sasso squadrato che sul cammino sappia può raccontare storie antiche. Il Santuario della Nazione, la città del Toro Sacro, la Pietra-che-viene-avanti, l’antro di Kerres… Al grido di “Safinim!”. Senza dimenticare l’oggi: incontri con persone vere, natura e cultura. Nella prima parte del viaggio, l’ambiente è più montano e si saliranno alcuni monti panoramici, tra cui il Monte Kaprum e il Monte Campo, entrambi di circa 1.750 metri, poi sul tratturo Celano–Foggia, uno dei tratturi principali che collegavano Abruzzo, Molise e Puglia per il trasferimento stagionale delle greggi.
Sentiero del Viandante: Denominato Via Regia, o Via Ducale nei documenti storici, il tracciato dell’attuale Sentiero del Viandante in Lombardia unisce Lecco alla Valtellina, forse addirittura dall’epoca romana lungo un percorso di 44 chilometri di difficoltà medio/bassa da fare anche in 4 giorni. L’itinerario, ricco di vestigia storiche come il Castello di Vezio e il borgo di Corenno Plinio offre un panorama lacustre che infonde calma e invita alla lentezza. A ben vedere però le forme dell’acqua sono molteplici: quella placida del lago, quella che sgorga con potenza dall’orrido, a Bellano, o bianca e spumosa a Fiumelatte e poi lavatoi, piccoli canali e fontanelle amiche dei viandanti. Le calette appartate, gli acciottolati, i muretti, le mulattiere aspre, le frazioni minuscole, i castagneti abbarbicati alle pendici delle Grigne – sagome grigie, a tratti incombenti sulle sponde orientali del Lago di Como – raccontano il territorio lecchese e lasciano intuire la vita quotidiana di valligiani, pescatori e battellieri di un tempo passato. Una semplicità contrastante con la ricchezza delle ville e dei giardini che si affacciano sul lago e con la severità degli antichi manieri. All’acqua sono legate anche le tracce di una storia meno antica, ma non meno importante: gli opifici tessili a energia idraulica, ormai in disuso, muti testimoni della seconda rivoluzione industriale e di un grande passato operaio e manifatturiero. Il cammino classico inizia ad Abbadia Lariana (LC) e consiste in quattro tappe che si inoltrano nell’entroterra in ripida salita per poi tornare, con conseguenti discese, sulle rive lariane a Lierna, Varenna, Dervio e, infine, Colico. Una fatica ampiamente ripagata dalla visuale che si gode dai tanti punti panoramici, dalla frescura dei tratti boscosi e da poetici dettagli da cogliere in cammino: dalie e garofani fioriti ai bordi delle vigne, caprette curiose, sottili veli di romantiche brume lungo i profili delle montagne.
Dalle gravine ai calanchi: Questo cammino di difficoltà medio alta percorre per circa 144 chilometri gli antichi tratturi di una terra meridiana aspra e accogliente, piena di sfumature, contraddizioni e magia. L’incontro con le narrazioni di questa parte del territorio lucano – poeti, teatranti, musici e custodi di antiche storie – è uno dei punti forti di questo cammino che si svolge prevalentemente su vecchi tratturi, strade bianche, sentieri e asfalto. Qui si incontrano paesi e borghi che, in lontananza appaiono minuti, ma sono il fulcro di antichi riti collettivi popolari che ancora oggi sopravvivono: le transumanze, le maschere e le danze che richiamano credenze del passato, i canti e gli strumenti rudimentali che alleviavano le fatiche quotidiane dei contadini di allora e, ancora oggi, di quelli odierni. Si parte dalle gravine di Matera, meravigliosa capitale della Lucania e si attraversano borghi e luoghi storici come il Castello del Malconsiglio, teatro di congiura contro Ferdinando I e Ferrandina, uno dei principali epicentri del brigantaggio postunitario, per poi proseguire in direzione di Craco, vero e proprio borgo fantasma. Attraverso numerose tappe fatte di piccoli borghi fuori dal tempo, si giunge ad Aliano, un tempo terra di esilio di Carlo Levi, che descrisse l’isolamento spaziale e temporale di questi luoghi e li dipinse su tela con cura, nel lucido sforzo di comprenderli nella loro diversità dalle città del nord. Questo cammino di immersione nello spirito meridiano, alla ricerca dello spirito più autentico e genuino di un Sud accogliente, generoso e pieno di speranza è da percorrere con una poesia in tasca, da lasciare come dono a una terra che in poesia si racconta.
La Via del Tratturo: Centodieci chilometri alla scoperta dei tratturi, le grandi strade d’erba, che collegavano l’Appennino abruzzese e il Tavoliere delle Puglie e venivano percorse dai pastori e dalle loro greggi per portare gli animali in terre meno fredde. Alfonso D’Aragona nel 1447 rivitalizzò quelle strade su cui si muovevano le pecore e creò una grande rete tratturale, i regi tratturi, che avevano una larghezza ben definita, sessanta passi napoletani, corrispondenti a 111 metri. Tra questi Pescasseroli – Candela e il Castel di Sangro – Lucera. La riscoperta dei tratturi, le lunghe vie d’erba che collegavano l’Abruzzo montano con il Tavoliere di Puglia è una esperienza unica che si articola in un cammino di media/alta difficoltà da fare in 8 giorni. Si ripercorrono, fino al Molise, gli stessi tracciati usati dai Sanniti, dai Romani, ma soprattutto, dal 1200 in poi, da centinaia di pastori e milioni di pecore… Entrare dentro la natura, respirarla, ascoltarla, toccarne i contorni. Camminare con il rispetto di una tradizione pastorale preziosa, ricca di storie che si snodano tra territori silenziosi, borghi autentici, ristori tipici dove gustare pietanze naturali e generose. Camminare per ore e non sentire un rumore, immaginare quelle ampie distese d’erba coperte da migliaia di pecore e carovane di muli carichi di masserizie. È come fare un viaggio nel passato, nelle tradizioni, nella cultura e nella religiosità delle genti d’Abruzzo che da sempre hanno legato la loro vita alla pastorizia transumante.
La Regina Viarum: Questo cammino di media alta difficoltà ripercorre 119 chilometri da fare in 7 giorni sui tratturi, le carrarecce e i sentieri tra Basilicata, Campania e Puglia fino ad arrivare a Gravina in Puglia, ultima statio romana lungo l’Appia per il rifornimento di grano e di vino. Nel mezzo, si incontra la Lucania, Venosa, luogo simbolo e città che diede ai natali al poeta Quinto Orazio Flacco e Melfi con il Monte Vulture a fare da guardiano e bussola. I campi di grano e il vento saranno i migliori compagni di viaggio di questo percorso, insieme ai racconti di chi vive in queste terre dure, dove si cela l’Italia appenninica intima e dimenticata, quella fracassona, quella operosa e quella malfidente, per dirla con Rumiz, persone di un’Italia nascosta che però “posseggono una cosa che la gente di città ha perduto: il senso del limite”. Si cammina su sentieri e tratti di asfalto: qui, sotto i propri piedi, si sente la memoria delle moltitudini che ci sono passate, la Storia, perché come riporta Orazio: “ci regali la certezza di andare nella giusta direzione; ci dici che qui Roma fu signora e, tra Benevento e il mar di Brindisi, passavano mercanti e legionari, pecorai dell’Epiro e carrettieri venuti dalla Tracia o la Bitinia, patrizi di Neapoli e nocchieri sbarcati dalle Cicladi ventose.”
La Via Lauretana Senese: Camminare lungo i 115 chilometri che da Siena portano a Cortona significa percorrere con i propri passi una delle più antiche vie di collegamento e di commercio della Toscana che, sin da epoca Etrusca, ha segnato la fortuna e lo sviluppo di questo territorio: la Valdichiana. Nel tempo questa via ha assunto sempre più un carattere di pellegrinaggio per coloro che da Siena, da sempre importante riferimento dei percorsi di fede, si portavano verso la Santa Casa di Loreto, da cui il nome di Via Lauretana Senese. Si parte da Siena e si cammina per 6 giorni in un cammino di media difficoltà che passa attraverso le Crete senesi e le sue Biancane di Leonina che conferiscono al paesaggio l’aspetto lunare conosciuto anticamente come Deserto di Accona, per raggiungere prima Asciano e poi Serre di Rapolano. Proseguendo, un esteso paesaggio campestre si apre al cammino per incontrare borghi come Montepulciano e Torrita di Siena, per poi giungere a Valiano e le sue Leopoldine, strutture architettoniche rurali che raccontano un pezzo di storia della Valdichiana. Un’ultima tappa raggiunge Cortona, punto finale della Via Lauretana Senese, ma anche inizio per chi prosegue verso Assisi o verso il Trasimeno per continuare poi, attraversando Umbria e Marche, alla meta naturale di questo cammino: Loreto. La Via Lauretana Senese, un cammino che permette di riscoprire uno dei percorsi spirituali più affascinanti d’Italia, ma anche un cammino che laicamente permette di vivere un territorio che la mano dell’uomo ha sapientemente costruito e protetto nel tempo: sconfinati paesaggi, autenticità dei borghi medievali, opere d’arte, percorsi archeologici, ma anche una laboriosa e attenta conservazione delle colture locali che hanno contribuito alla costruzione di un paesaggio che oggi possiamo percorrere camminando, celebrando così a lentezza, antica metafora dell’esistenza umana.
La via delle vigne di confine: C’era una volta la cortina di ferro, divideva Gorizia in due. Fu eretta molti anni prima del muro di Berlino e ha cessato di esistere appena nel 2004. Eppure tra tutte le zone di confine nell’estremo lembo est d’Italia, quella che va da Gorizia a Cividale è la più amabile, la più gentile. Terra fertile, fertilissima, chiamata “ponka”, dove regnano le viti, i ciliegi, i peschi, e le linee morbide delle colline danno vita a un paesaggio di quiete e grazia. Ed è proprio lì, in quelle colline un tempo martoriate dalla Prima e dalla Seconda guerra mondiale, indurite dalla Guerra Fredda, che sono possibili, reali e palpabili oggi la grazia e la fratellanza, la voglia di vivere in un altro modo, più rilassato. Il cammino sulle orme di questa storia si sviluppa dal Collio ai Colli Orientali del Friuli Venezia Giulia tra le ombre di contadini, dei soldati e dei pellegrini in un percorso di media difficoltà che si percorre in 5 giorni. Si cammina sulle tracce di molte memorie, pensando a chi come Scipio Slataper e i suoi compagni di trincea hanno perso la vita combattendo, o ai pellegrini diretti a Castelmonte o ancora più a nord, verso il Monte Lussari. Si cammina tra le vigne soprattutto, tra i contadini caparbi che hanno ripiantato le viti dopo le bombe e, in pochi anni, hanno trasformato i loro vini in nettari tra i migliori d’Italia e del mondo. Si possono seguire nelle loro cantine per assaggiare il loro nettare, facendoseli raccontare per meglio queste terre e queste genti. Ma si cammina anche in boschi di querce e castagni, o più in alto, tra i faggi, o in oasi di pianura in cui sostano gli uccelli lungo le loro rotte migratorie. Si parla in italiano, in sloveno, in friulano, in dialetto, tra i suoni e i ritmi di una vera e propria Mitteleuropa in miniatura, fino ad arrivare sul Ponte del Diavolo di Cividale del Friuli, perla longobarda, ammirando i riflessi smeraldini del fiume Natisone e pensando all’acqua che accompagna tutto il viaggio quella dell’Isonzo.