Foto: 1e 2 Casa Balla in Via Oslavia a Roma; 3 e 4 il murales del "Bal Tic Tac"
Nasceva a Torino il 18 luglio 1871 Giacomo Balla, giusto 150 anni fa. Un anniversario importante che meriterebbe di essere ricordato. E’ l’artista della luce e del movimento , della magia caleidoscopica dei colori, un protagonista indiscusso del Novecento. Dal divisionismo all’interesse per i temi sociali, dalla ritrattistica degli anni Venti al Futurismo, ai manifesti, la Ricostruzione futurista dell’universo, il Manifesto del Vestito Antineutrale, il Manifesto del Colore. “Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile” è scritto nella “Ricostruzione futurista dell’universo”, il manifesto firmato nel 1915 da Balla e Depero. La progettazione artistica futurista riguarda ogni aspetto della realtà, dall’arredo all’oggettistica, alla moda, all’editoria, alla fotografia, al cinema, alla pubblicità. Poi il superamento del Futurismo e il ritorno alla pittura figurativa. Un artista poliedrico, totale.
“Ho sempre dipinto, sto dipingendo, /dipingerò fino all’ultimo istante./ E’ l’opera d’arte che deve far parlare di sé./E’ dell’opera d’arte che si deve parlare. / E’ l’opera d’arte che fa conoscere l’artista,/ Tutto il resto è mediocrità” . scriveva Balla nel 1930.
Durante i lavori per la ristrutturazione di Villa Hüffer in via Milano, nella palazzina di proprietà della Banca d’Italia che ospiterà il Centro per l’educazione monetaria e finanziaria (Museo della Moneta) intitolato a Carlo Azeglio Ciampi, all’inizio del 2017 sono stati trovati casualmente i resti delle decorazioni a tempera eseguite da Balla per il “Bal Tic Tac”, il primo locale da ballo aperto a Roma dai futuristi. Un cabaret dove si suonava musica jazz, inaugurato con un discorso nel novembre 1921 da Filippo Tommaso Marinetti. Un locale in cui “per la prima volta apparve in concreto la nuova arte decorativa futurista. Forza, dinamismo, giocondità, italianità, originalità”, scriveva il giornale milanese “Il Futurismo”.
E’ stato portato in luce un murale di 80 mq di gialli, rossi, blu accesi e aggressivi che rivestono pareti e soffitto, Il locale al primo piano, era preceduto a pianterreno da “un ingresso fantasmagorico di fiamme infernali “, scriveva la figlia del pittore Elica. “Balla inonda di azzurro e di verdi mattutini la grande sala da ballo e crea nuovi disegni e mezzi pratici per lampade, mobili e quanto serve per l’arredamento del locale”, sono ancora le parole di Elica. Il pittore fu impegnato a tempo pieno per due mesi portando a termine un lavoro di decorazione “completamente futurista”. Venne pagato con una somma che anche a quel tempo era “esigua”, ricordava Elica. In quegli anni dunque il pubblico più eletto della Capitale aveva a disposizione non solo la Sala Umberto ma anche il Bal Tic Tac che però rimase aperto solo un anno e mezzo. “La decorazione della sala è un trionfo di fantasia sapiente, il pittore futurista Balla è l’ingegnoso creatore, le mura stesse sembrano danzare…”, annotava la stampa francese riportando la notizia.
L’opera era a conoscenza degli studiosi, ma in un secolo se n’erano perse le tracce, si credeva che le pitture di Balla fossero andate interamente distrutte durante le ristrutturazioni del primo piano dell’edificio dove si trovava la sala da ballo. Invece così non è stato. Al piano terra, a lungo occupato da un negozio di lumi, le pitture originali si sono salvate coperte da controsoffitti, carte da parati, boiserie e successive imbiancature.
Una “scoperta eccezionale” dice Francesco Prosperetti, soprintendente alle Belle Arti, Archeologia e Paesaggio di Roma davanti a un numeroso drappello di stupiti ed entusiasti giornalisti convocati il 18 ottobre 2018 illustrando l’opera.“ Che questa decorazione di Giacomo Balla possa aver resistito al tempo e a tutte le trasformazioni di questi anni ha del miracoloso”. Studiata da esperti e restaurata sarà aperta al pubblico. Ma quando? Durante la conferenza stampa si disse nel giro di un paio d’anni. Che sono passati. Nel frattempo è stata vista in anteprima con prenotazione obbligatoria dai visitatori della mostra della Quadriennale, ospitata nel vicino Palazzo delle Esposizioni. Un assaggio di quello che sarà in futuro. Ora si viene a sapere , da fonti attendibili, che i lavori per il Museo della Moneta sono in uno stato avanzato, ma bisognerà aspettare ancora un po’.
Discorso non dissimile, ma certamente più complesso, si potrebbe fare per la valorizzazione di Casa Balla, la dimora romana dell’artista nel quartiere Della Vittoria a Via Oslavia 39, quarto piano, dove ha vissuto e lavorato fino alla morte, dal ’29 al ’58, la casa della memoria”, conservata con amore dalle due figlie Elica e Luce che continuarono a viverci.
Nato a Torino nel 1871 Balla arriva a Roma con la madre nel 1895 e si stabilisce al Quirinale presso lo zio cacciatore del Re, dove inizia a lavorare come illustratore e ritrattista. Dopo vari trasferimenti in zona Termini e a Via Piemonte, sposatosi nel 1904 con Elisa Marcucci si ferma in Via Porpora, dove nascono le figlie, sue adorate vestali, ai bordi di Villa Borghese, un luogo incantato e favorevole agli incontri con artisti come Boccioni, Severini, Sironi. Ma nel ’26 per l’urbanizzazione dei Parioli la famiglia Balla è costretta a lasciare la casa e dopo tre anni, ospite della famiglia Ambron, si trasferisce nei pressi di Piazza Mazzini, a via Oslavia, dove rimarrà fino alla fine.
Casa Balla, un mondo di colore e fantasia, è l’altro luogo da recuperare e far conoscere alla gente onorando nel modo migliore l’anniversario del Maestro che ha sempre vissuto a Roma. Casa Balla una fucina di idee, un luogo della memoria, un trionfo del futurismo, una testimonianza concreta del gusto e della cultura di un’epoca. A cominciare da quella targa originalissima sulla porta “Pittor Balla”, tracciata con un lettering inconfondibile. Una casa – studio – abitazione futurista. Dalle pareti alle porte, ai soffitti, ai mobili, agli arazzi, agli abiti tutto è a colori, come il meraviglioso studiolo rosso restaurato dall’Istituto Superiore per la conservazione e il Restauro. O l’adiacente camera da lavoro che conserva gli arnesi del mestiere, cavalletti, tavoli sporchi di pittura. Ogni cosa è ideata e realizzata a mano da Balla sempre assistito e supportato dalle figlie, artiste anch’esse. Vi è anche una specchiera in legno dono di nozze dell’amico Duilio Cambellotti.
La casa del pittore a via Oslavia con un bel terrazzo su via Vodice, di cui rimangono moltissime fotografie, era veramente una scatola magica, un luogo incantato dove ogni angolo racconta la vita del maestro. Una casa che lo stesso artista ha rappresentato molte volte nei suoi quadri con una pittura intima, soffusa di poesia e affetti familiari. Come nel dipinto nel 45 “Noi quattro nello specchio” donato nell’84 (insieme ad altri 34 quadri, cui si aggiungeranno atri dieci nel ’94) da Luce ed Elica Balla alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Rappresenta il pittore con una decina di pennelli in mano, le due figlie accanto, ciascuna con il proprio pennello e la moglie sullo sfondo che legge.
Dopo la morte del pittore nel ’58 saranno le figlie Elica che muore nel ’93 (era del ’14) e Luce che muore l’anno dopo (era del 1904) a conservare gelosamente la memoria del padre. Con la scomparsa delle figlie, senza discendenti diretti, la casa passa ai nipoti, ma trascorrono degli anni prima che la Soprintendenza, dichiarandola di “ particolare interesse storico”, appongo un vincolo sulla casa e su ciò che contiene. Era il 2004 . Il solo modo, anche se tardivo, fra contrasti e ricorsi fra gli eredi, per evitare la totale dispersione, preda del mercato. Come riferisce una delle maggiori studiose del pittore Elena Gigli nel bel volume “La magia di Casa Balla”(edito nel 2018) insieme agli arredi sono ancora presenti alcune opere e oggetti dell’artista come i tre pannelli denominati “Le mani del popolo italiano”, l’opera “Tulipani bianchi su fondo azzurro” e il “Ritratto di Mussolini”. Ci sono anche un busto di Balla opera di Giovanni Prini di cui il pittore frequentava la casa studio in via Nomentana, alcune foto, locandine e soprammobili.
Ma una casa abbandonata per anni ha bisogno di fondi sostanziosi per essere salvata. La “messa in sicurezza” si deve alla Banca d’Italia che ha usato tutti gli strumenti idonei per preservare le decorazioni presenti ovunque. Ma anche per ripristinare i servizi, gli impianti, gli infissi, le tinteggiature, la tappezzeria anche con il supporto degli eredi Balla, i fratelli Alessandro, Patrizia e Vittorio. Quando Casa Balla si aprirà ai visitatori, speriamo presto, si aggiungerà ad altri due spazi dedicati all’arte che fanno della zona di Piazza Mazzini un luogo privilegiato, Casa Moravia a Via Carso e la Fondazione Camilleri a via Filippo Corridoni.
In attesa la Galleria Russo di via Alibert a Roma annuncia per metà marzo una importante esposizione di una sessantina di opere provenienti da Casa Balla fra cui l’”Autoritratto” del 1897.